20/12/2012
Fede e ragione sono come due ali con le quali lo s
20/12/2012
Primo articolo di tre che ci sono stati "donati" alla Catechesi di Domagnano, non usiamo il termine a sproposito, ad una lettura attenta non potranno che essere considerati doni per uomini e donne alla ricerca della verità.
Questa serie si apre con una testimonianza che ci introduce all'argomento "Fede e Ragione". Se desiderate visionarla nel sito dell'Unione Cristiano Cattolici Razionali (UCCR) cliccate qua.
Se invece desiderate visionarla direttamente come testo, lo avete di seguito, con evidenza delle parti che noi riteniamo di particolare bellezza.
Oggi è il 64° compleanno di William Daniel Phillips, fisico statunitense e vincitore del premio Nobel per la fisica nel 1997, per «lo sviluppo di metodi per raffreddare e catturare gli atomi tramite laser». E’ stato a lungo membro del MIT, del National Institute of Standards and Technology, docente persso l’University of Maryland e uno dei fondatori dell’International Society for Science & Religion. Sul sito della Templeton Foundation, intorno al 2004, ha lasciato una testimonianza sulla sua visione sull’esistenza di Dio e sul connubio tra scienza e fede.
Egli introduce dicendo: «molti
credono che la scienza, offrendo spiegazioni, si opponga alla
comprensione che l’universo è una creazione amorevole di Dio», ritengono che «la scienza e la religione siano nemici inconciliabili. Ma non è così». Ne spiega il motivo attraverso la sua esperienza: «Io
sono un fisico. Faccio ricerca tradizionale, pubblico in riviste
peer-reviewed, presento le mie ricerche in riunioni professionali, formo
studenti e ricercatori post-dottorato, cerco di imparare come funziona
la natura. In altre parole, io sono uno scienziato ordinario.
Sono anche una persona di fede religiosa. Frequento la chiesa, canto
nel coro gospel, di domenica vado al catechismo, prego regolarmente,
cerco di “fare giustizia, amare la misericordia e camminare umilmente
con il mio Dio”. In altre parole, io sono una persona comune di fede». Dopo questa rarissima espressione di umiltà, prosegue: «Per molte persone, questo mi rende in contraddizione: uno scienziato serio che crede seriamente in Dio. Ma per molte più persone, io sono una persona come loro. Mentre la maggior parte dell’attenzione dei media va agli atei stridenti, che affermano che la religione è una sciocca superstizione, e ai creazionisti
altrettanto integralisti che negano l’evidenza chiara dell’evoluzione
cosmica e biologica, la maggioranza delle persone che conosco non ha alcuna difficoltà ad accettare la conoscenza scientifica e mantenere la fede religiosa».
Prosegue il Premio Nobel: «Come
fisico sperimentale, ho bisogno di prove concrete, esperimenti
riproducibili, e la logica rigorosa per supportare qualsiasi ipotesi
scientifica. Come può una tale persona basarsi così sulla fede?». Ed ecco che si pone due domande: “Come posso credere in Dio?” e “Perché io credo in Dio?”. Risponde alla prima: «uno scienziato può credere in Dio perché tale convinzione non è una questione scientifica.
Una dichiarazioni scientifica deve essere “falsificabile”, cioè ci deve
essere qualche risultato che almeno in linea di principio potrebbe
dimostrare che l’affermazione è falsa [....]. Al contrario, le
affermazioni religiose non sono necessariamente falsificabili [...]. Non è necessario che ogni dichiarazione sia un’affermazione scientifica,
né sono non-scientifiche, inutili o irrazionali dichiarazioni che
semplicemente non sono scientifiche. “Canta magnificamente”, “E’ un uomo
buono”, “Ti amo”: queste sono tutte affermazioni non-scientifiche che
possono essere di grande valore. La scienza non è l’unico modo utile per guardare alla vita». Alla seconda domanda, cioè “Perché io credo in Dio?”, risponde: «Come
fisico, guardo la natura da una prospettiva particolare. Vedo un
universo ordinato, bellissimo, in cui quasi tutti i fenomeni fisici
possono essere compresi da poche semplici equazioni matematiche. Vedo un
universo che, se fosse stato costruito in modo leggermente diverso, non
avrebbe mai dato vita a stelle e pianeti. E non vi è alcuna buona
ragione scientifica per cui l’universo non avrebbe dovuto essere
diverso. Molti buoni scienziati hanno concluso da
queste osservazioni che un Dio intelligente deve avere scelto di creare
l’universo con questa bella, semplice e vivificante proprietà. Molti altri buoni scienziati sono tuttavia atei. Entrambe le conclusioni sono posizioni di fede. Recentemente, il filosofo e per lungo tempo ateo Anthony Flew
ha cambiato idea e ha deciso che, sulla base di tali elementi di prova,
bisogna credere in Dio. Trovo questi argomenti suggestivi e di sostegno
alla fede in Dio, ma non sono conclusivi. Io credo in
Dio perché sento la presenza di Dio nella mia vita, perché riesco a
vedere le prove della bontà di Dio nel mondo, perché credo nell’Amore e
perché credo che Dio è Amore».
Ma questo, conclude, «mi rende una persona migliore o un fisico migliore di altri? Difficilmente. Conosco un sacco di atei che sono sia persone che scienziati migliori di me. Sono libero di dubbi su Dio? Difficilmente.
Domande sulla presenza del male nel mondo, la sofferenza di bambini
innocenti, la varietà del pensiero religioso, e altre imponderabili
lasciano spesso la domanda se ho ragione, e mi lasciano sempre cosciente
della mia ignoranza. Ciò nonostante, credo più a causa della scienza che a dispetto di essa,
ma alla fine soltanto perché io credo. Come ha scritto l’autore della
lettera agli Ebrei: “la fede è certezza di cose che si sperano,
dimostrazione di cose che non si vedono”»
Grazie Don Gabriele per averci portato su questi sentieri, per averci aperto la finestra con la quale guardare, dalla nostra stanza, la vita.
22/12/2012
Fede e ragione sono come due ali con le quali lo s
22/12/2012
Secondo articolo dei tre che compongono questo blocco di documenti.
Se desideri visionare il testo senza commenti, clicca
qui.
Altrimenti, lo trovi di seguito, con evidenza delle parti che ci sono rimaste particolarmente impresse nel cuore. Per sapere di più sul cortile dei gentili clicca qui.
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI PARTECIPANTI ALLA SESSIONE
DEL CORTILE DEI GENTILI IN PORTOGALLO
[GUIMARÃES E BRAGA, 16-17 NOVEMBRE 2012]
Cari amici,
con viva gratitudine e con affetto, saluto tutti i
partecipanti al «Cortile dei gentili», che s’inaugura in Portogallo il 16 e 17
novembre 2012 e che riunisce credenti e non credenti attorno all’aspirazione
comune di affermare il valore della vita umana sulla crescente ondata della
cultura della morte.
In realtà, la consapevolezza della sacralità della vita che
ci è stata affidata, non come qualcosa di cui si possa disporre liberamente, ma
come un dono da custodire fedelmente, appartiene all’eredità morale
dell’umanità. «Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto
alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso
della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore
(cfr. Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino
al suo termine» (Enciclica
Evangelium vitae, n. 2). Non siamo un prodotto
casuale dell’evoluzione, ma ognuno di noi è frutto di un pensiero di Dio: siamo
amati da Lui.
Però, se la ragione può cogliere questo valore della vita,
perché chiamare in causa Dio? Rispondo citando un’esperienza umana. La morte
della persona amata è, per chi l’ama, l’evento più assurdo che si possa
immaginare: lei è incondizionatamente degna di vivere, è buono e bello che
esista (l’essere, il bene, il bello, come direbbe un metafisico, si equivalgono
trascendentalmente). Parimenti, la morte di questa stessa persona appare, agli
occhi di chi non ama, come un evento naturale, logico (non assurdo). Chi ha
ragione? Colui che ama («la morte di questa persona è assurda») o colui che non
ama («la morte di questa persona è logica»)?
La prima posizione è difendibile solo se ogni persona è amata
da un Potere infinito; e questo è il motivo per cui è stato necessario
appellarsi a Dio. Di fatto, chi ama non vuole che la persona amata muoia; e, se
potesse, lo impedirebbe sempre. Se potesse... L’amore finito è impotente;
l’Amore infinito è onnipotente. Ebbene, è questa la certezza che la Chiesa
annuncia: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito,
perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,
16). Sì! Dio ama ogni persona che, perciò, è incondizionatamente degna di
vivere. «Il sangue di Cristo, mentre rivela la grandezza dell’amore del Padre,
manifesta come l’uomo sia prezioso agli occhi di Dio e come sia inestimabile il
valore della sua vita». (Enciclica
Evangelium vitae, n. 25).
Nell’epoca moderna, l’uomo ha però voluto sottrarsi allo
sguardo creatore e redentore del Padre (cfr. Gv 4, 14), fondandosi su se
stesso e non sul Potere divino. Quasi come succede negli edifici di cemento
armato senza finestre, dove è l’uomo che provvede all’areazione e alla luce; e,
ugualmente, persino in un tale mondo auto-costruito, si attinge alle «risorse»
di Dio, che sono trasformate in nostri prodotti. Che dire allora? È necessario
riaprire le finestre, vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra,
e imparare a usare tutto ciò in modo giusto.
Di fatto, il valore della vita
diventa evidente solo se Dio esiste. Perciò, sarebbe bello se i non credenti
volessero vivere «come se Dio esistesse». Sebbene non abbiano la forza per
credere, dovrebbero vivere in base a questa ipotesi; in caso contrario, il mondo
non funziona. Ci sono tanti problemi che devono essere risolti, ma non lo
saranno mai del tutto, se Dio non sarà posto al centro, se Dio non diventerà di
nuovo visibile nel mondo e determinante nella nostra vita. Colui che si apre a
Dio non si allontana dal mondo e dagli uomini, ma trova fratelli: in Dio cadono
i nostri muri di separazione, siamo tutti fratelli, facciamo parte gli uni degli
altri.
Amici miei, vorrei concludere con queste parole del
concilio
Vaticano II agli uomini di pensiero e di scienza: «Felici coloro che, possedendo
la verità, la continuano a cercare per rinnovarla, per approfondirla, per
donarla agli altri» (Messaggio, 8 dicembre 1965). Questi sono lo spirito
e la ragion d’essere del «Cortile dei gentili». A voi impegnati in diversi modi
in questa significativa iniziativa, esprimo il mio sostegno e rivolgo il mio più
sentito incoraggiamento. Il mio affetto e la mia benedizione vi accompagnino
oggi e in futuro.
Dal Vaticano, 13 novembre 2012
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Il Cardinale Caffarra e la bimba abbandonata: il t
28/01/2013
Le foto di questa pagina non sono generiche foto trovate in rete, sono proprio le foto di Maria Grazia, la bambina abbandonata in un cassonetto nei pressi della Curia di Bologna e trovata, per caso e per fortuna in tempo, da due passanti.
Il Cardinal Caffarra da questo angosciante espisodio, per fortuna conclusosi bene, trae spunto per farci pensare al senso delle cose, all'importanza della vita, a come un vagito può cambiarci l'esistenza e, soprattutto, come un vagito può cambiare la nostra percezione della vita, un valore non negoziabile.
Lettera a Maria Grazia del Cardinale Caffarra.
Se siete stati emozionati dalla lettera e dalla storia, visitate questa pagina e non perdete tempo, iniziate oggi stesso, altri bambini come Maria Grazia hanno bisogno di voi!
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Due testi unici di Mons. Negri; per i commenti andate qui.
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